Fare shopping nell’Ottocento: la nascita dei grandi magazzini
Nel 1852 il parigino Aristide Boucicat acquistò il Bon Marché, un emporio di tessuti e di abbigliamento che ben presto incominciò a vendere abiti confezionati per signora, biancheria, cappelli e calzature, avviandosi così a diventare il prototipo del grande magazzino. Sebbene in Italia le condizioni economiche e sociali in cui nacque il grande magazzino fossero molto diverse – redditi, consumi e urbanizzazione erano di molto inferiori – non mancarono iniziative imprenditoriali di rilievo. Fra queste, i Grandi Magazzini Italiani dei fratelli Mele di Napoli e i grandi magazzini Alle città d’Italia dei fratelli Bocconi da cui è nata la Rinascente, che ha contribuito a fare della moda italiana una realtà economica di primaria importanza.
Manifesti pubblicitari: i Grandi Magazzini Italiani dei fratelli Mele di Napoli.
Nel 1852 il parigino Aristide Boucicat acquistò il Bon Marché, un emporio di tessuti e di abbigliamento che ben presto incominciò a vendere abiti confezionati per signora, biancheria, cappelli e calzature avviandosi così a diventare il prototipo del grande magazzino, un’innovazione rivoluzionaria nella storia dei canali distributivi. Boucicat introdusse una nuova concezione dell’attività commerciale basata sull’elevata velocità di rotazione delle merci alle quali viene applicato un modesto margine di profitto.
La nuova formula distributiva si distingueva dal negozio al dettaglio tradizionale – erede della bottega urbana specializzata di medioevale memoria – sotto molti aspetti, tra i quali il prezzo fisso ed esposto, l’ingresso libero, il reso della merce, l’ampiezza dell’assortimento. Le vetrine, generalmente trascurate o del tutto assenti nei negozi tradizionali, erano espressamente concepite per esercitare una forte attrazione sui passanti. I grandi magazzini erano non solo luogo di vendita di un’ampia varietà di merci, ma anche di intrattenimento della clientela. I potenziali consumatori che risiedevano fuori dalle città sedi dei grandi magazzini e delle loro filiali venivano raggiunti dai cataloghi di vendita di corrispondenza che cercavano di riprodurre nelle loro pagine l’atmosfera del negozio.
In Italia le condizioni economiche e sociali in cui il grande magazzino vide la luce erano molto diverse – redditi, consumi e urbanizzazione erano di molto inferiori – da quelle che in Francia avevano consentito alla nuova formula distributiva di affermarsi. Tuttavia anche in Italia non mancarono iniziative imprenditoriali di rilievo, fra le quali i grandi magazzini Alle città d’Italia dei fratelli Bocconi e I Grandi Magazzini Italiani dei fratelli Mele di Napoli, e anche in Italia il grande magazzino si avvalse degli strumenti di diffusione della moda che ne favorirono la democratizzazione. Fra questi ultimi, il catalogo di vendita per corrispondenza
Frontespizi dei cataloghi di vendita per corrispondenza dei grandi magazzini Alle città d’Italia dei fratelli Bocconi di Milano e dei Grandi Magazzini Italiani dei fratelli Mele di Napoli. I cataloghi di vendita per corrispondenza dei magazzini Alle città d’Italia dei fratelli Bocconi venivano pubblicati e spediti ogni due mesi. I numeri più importanti erano quelli di aprile e di ottobre, che pubblicizzavano rispettivamente le collezioni della stagione primavera/estate e della stagione autunno/inverno. Gli altri numeri erano dedicati ad eventi periodici – le svendite di fine stagione, la “fiera del bianco”, le strenne natalizie – o a specifici prodotti come la biancheria intima, per la casa e i tessuti per l’arredamento.
Catalogo la Rinascente (pdf , pagg. 1-84, 14.9 MB) (pagg. 85-168, 16.8 MB).
Le pagine introduttive del catalogo contenevano informazioni – spedizione, imballaggio, reso della merce, istruzioni per prendere le misure da indicare negli ordini di capi di abbigliamento – che prendevano per mano il lettore e lo accompagnavano nel mondo della vendita per corrispondenza. Secondo gli storici della moda, i grandi magazzini hanno contribuito a innescare il processo di democratizzazione della moda che è all’origine della nascita della haute couture. Il contributo del grande magazzino milanese alla democratizzazione della moda consiste nell’aver coniugato la divulgazione dei canoni estetici elaborati oltralpe con la modernizzazione dei canali e delle tecniche di commercializzazione dell’abbigliamento e dei suoi accessori. I cataloghi di vendita per corrispondenza, unitamente alla organizzazione della struttura di vendita articolata in filiali aperte nelle principali città italiane, segnarono un punto di non ritorno nel processo che portò alla formazione di un mercato tessile e dell’abbigliamento di dimensioni nazionali.
La presentazione della merce in vendita incominciava con le pagine dedicate ad illustrare l’offerta di tessuti, seguite da quelle in cui venivano riprodotti i capi di abbigliamento per donna, ragazza e bambina. La descrizione degli abiti femminili si avvaleva di continui riferimenti al linguaggio della moda d’oltralpe. Francesi erano i nomi sia dei tessuti che dei modelli, nell’evidente intento di dare l’immagine di un grande magazzino al passo con le ultime novità proposte da Parigi, allora capitale indiscussa della moda. Ogni abito era presentato in due o tre modelli diversi di cui era proposta una versione base che poteva essere personalizzata. La personalizzazione consisteva nella scelta del tessuto, delle guarnizioni, e del grado di accuratezza della confezione. La possibilità di personalizzare un abito sta a indicare che, nella strategia commerciale del grande magazzino milanese, la produzione e la vendita di abiti confezionati non implicavano l’omologazione dei gusti e dei consumi ma erano piuttosto il presupposto della diversificazione dell’offerta.
Nei decenni successivi alla conclusione della seconda guerra mondiale, i grandi magazzini hanno avuto un ruolo molto importante nell’affermazione e nella diffusione della moda italiana. In quegli anni la Rinascente ha consentito alla produzione di abbigliamento italiana di inserirsi nei circuiti europei e ha contribuito a modernizzare gli stili di consumo della popolazione. Negli Stati Uniti, i grandi magazzini sono stati i primi strumenti di commercializzazione della moda italiana. Alla sfilata organizzata nel 1951 da G.B. Giorgini, che ha segnato la nascita della moda italiana, erano presenti tutti i rappresentanti dei più importanti department store americani.
Nel corso degli anni Ottanta, le case di moda italiane hanno investito le ingenti risorse finanziarie derivanti dai contratti di licensing nella realizzazione di proprie reti di vendita, aprendo negozi monomarca nelle principali città italiane ed estere.
Bibliografia:
- E. Merlo e F. Polese, Costruire una capitale della moda. Milano: le premesse ottocentesche, il risveglio degli anni Cinquanta, in Annali di storia dell’impresa, 2008, 19, pp. 49-108, Venezia, Fondazione ASSI-Marsilio editore.
- M. A. Taglialatela, I grandi magazzini dei fratelli Mele. Antichità e splendore di un’antica azienda, in La creatività sartoriale campana. Abbigliamento maschile e moda mare, a cura di M. A. Tagliatatela, Soprintendenza Archivistica per la Campania, Napoli, arte’m, 2010, pp. 27-30.