Maria Monaci Gallenga (1880-1944)
Maria Monaci Gallenga, figlia di Ernesto Monaci, professore di filologia all’Università di Roma La Sapienza, trascorre la giovinezza circondata dagli amici di famiglia, noti personaggi del mondo letterario e artistico dell’epoca. Dal 1913 incomincia ad esporre le proprie creazioni – oggetti di arredamento, cuscini e pannelli –, e successivamente, abiti con disegni stampati con una nuova tecnica. Quest’ultima rappresenta la sua risposta al problema della creazione di una moda italiana in cui l’abito sia una sintesi tra esigenze produttive, commerciali ed estetiche. Con Maria Monaci Gallenga, per la prima volta nella storia della moda italiana, il prodotto di moda acquisisce valore e dignità autonome rispetto al prodotto artistico.
Cappa in velluto chiffon di seta nero stampato a mano in oro e argento sfumato, 1920-1922. Il motivo decorativo, raffigurante palmette e animali fantastici, è ripreso da un lampasso trecentesco lucchese. Ai tessuti antichi Maria Monaci Gallenga si ispirava per trarne moduli decorativi che riproduceva sui tessuti. Ogni modulo, ripetuto più volte, formava una bordura. Questa tecnica costituisce un’applicazione dell’idea della serialità alla produzione di moda.
Fonte: C. Chiarelli, Moda femminile fra le due guerre, Livorno, Sillabe, 2000, pag. 64.
Abito da sera in velluto chiffon di seta rosso-lacca stampato in oro e argento, 1927-1928. Il motivo decorativo stampato sull’abito raffigura la montagna sacra che sorge dall’acqua, un simbolo tratto dal repertorio della cosmologia orientale. L’abito esemplifica la specificità dei modelli creati da Maria Monaci Gallenga in cui taglio dell’abito e motivo decorativo sono progettati congiuntamente. In questo abito da sera il disegno della montagna si sviluppa sul tessuto fondendosi con la foggia trapezoidale della gonna.
Fonte: C. Chiarelli, Moda femminile fra le due guerre, Livorno, Sillabe, 2000, pag. 71.
Maria Monaci Gallenga, figlia di Ernesto Monaci, professore di filologia all’Università di Roma La Sapienza, trascorre la giovinezza circondata dagli amici di famiglia, noti personaggi del mondo letterario e artistico dell’epoca. Nel 1903 sposa Pietro Gallenga, insigne oncologo da cui ebbe tre figli. Dal 1913 incomincia a esporre le proprie creazioni – oggetti di arredamento, cuscini e pannelli con disegni stampati con una nuova tecnica che raffinerà nel corso del tempo – nelle mostre della Secessione Romana. Nel 1915 partecipa alla Panama-Pacific Exposition di San Francisco, dove espone 22 oggetti di abbigliamento femminile, decorati con disegni che si ispirano prevalentemente a modelli antichi. La partecipazione all’esposizione californiana le consente di farsi conoscere negli Stati Uniti, offrendole un’opportunità che non la trova impreparata, come confermano i numerosi manufatti da lei prodotti oggi conservati al Metropolitan Museum di New York. Dimostrando spiccate doti imprenditoriali, organizza infatti il lavoro all’interno del proprio laboratorio, trasformandolo in un’impresa capace di soddisfare la domanda della clientela americana, affascinata dalle sue sperimentazioni.
Nel 1915 inizia il sodalizio con Vittorio Zecchin con cui partecipa a diverse esposizioni fra cui quella di Amsterdam del 1922 e di Parigi nel 1925. Collabora con Antonio Maraini per la Biennale di Venezia del 1924 e con Marcello Piacentini, che fa per lei i disegni del sipario per il Teatro Quirino di Roma nel 1925. I disegni per i suoi tessuti stampati le sono spesso forniti dai più noti artisti attivi a Roma in quegli anni, tra i quali Galileo Chini, Gino Sensani, Romano Romanelli e altri, con i quali condivide il programma dell’Ente nazionale per l’artigianato e la piccola industria, fondato nel 1925 per promuovere l’immagine del prodotto italiano nel mondo. Con la partecipazione all’Esposizione internazionale delle arti decorative, che si tiene a Parigi in quello stesso anno, si aprono per lei le porte della capitale della moda dove, insieme a Bice Pittoni e Carla Visconti di Modrone, apre una boutique che, dal 1928 prende il nome di Boutique Italienne e diventa una vetrina permanente dei migliori prodotti dell’arte italiana. Nel 1934 lascia la Francia, su cui si è abbattuta l’onda lunga della grande crisi, per fare ritorno al suo negozio romano, che svolge il ruolo di centro di aggregazione e di laboratorio di idee di artisti che operano in settori diversi. Si ritira dall’attività nel 1938, lasciando al figlio la conduzione del negozio di via Veneto, che diventa specializzato in interior design.
La fama di Maria Monaci Gallenga è legata all’invenzione di una particolare tecnica di stampa dei tessuti, che consisteva nell’uso di matrici di legno su cui veniva applicata una sostanza collante prima di essere pressate sul tessuto sul quale veniva poi distribuita una polvere di pigmenti metallici in oro e argento. Caratteristico era il suo modo di sfumare un colore nell’altro, ottenendo un effetto che faceva sembrare il tessuto dipinto, anziché stampato. La fonte di ispirazione è costituita dai disegni degli artisti a lei coevi e dai modelli antichi, con una netta preferenza per quelli delle stoffe lucchesi trecentesche generalmente composti da forme animali e vegetali, uniti a formare motivi decorativi complessi. L’innovazione di Maria Monaci Gallenga consiste nella scomposizione dei modelli decorativi antichi e nella riaggregazione dei singoli elementi in gruppi più semplici. Questa tecnica le consente di costruirsi un vasto repertorio di matrici, ora conservate dalla Sartoria Tirelli, che costituiscono reinterpretazioni in chiave moderna di elementi tratti dal repertorio decorativo antico.
Con Maria Monaci Gallenga, per la prima volta nella storia della moda italiana, il prodotto di moda acquisisce valore e dignità autonome rispetto al prodotto artistico. Per lei l’abito, gli accessori, e i tessili per l’arredamento, ai quali torna a dedicarsi negli ultimi anni della sua vita, rappresentano lo strumento per diffondere capillarmente il gusto italiano concepito non solo come fatto estetico, ma anche, e soprattutto, come fusione delle arti nobili con quelle minori in oggetti destinati a diventare parte della vita quotidiana.
Bibliografia:
- C. Capalbo, Da sartorie a case di moda. L’evoluzione del comparto abbigliamento a Roma dall’Unità al secondo dopoguerra, in Annali di storia dell’impresa, 19, Venezia, Marsilio, 2008, pp. 191-239.
- Maria Monaci Gallenga arte e moda tra le due guerre, a cura di I. de Guttry – M. P. Maino, in collaborazione con G. Raimondi – G. Tarquini, Modena, Palombi Editori, 2018 (17 aprile – 3 giugno 2018).
- R. Orsi Landini, Alle origini della grande moda italiana. Maria Monaci Gallenga, in Moda femminile tra le due guerre, a cura di C. Chiarelli, Livorno, Sillabe, 2000, pp. 30-41.