Sfogliando la moda: la stampa periodica femminile

Nei decenni successivi all’Unità, la stampa di moda è un fenomeno editoriale di grande successo. Si calcola che tra il 1861 e il 1920 siano nate in Italia 116 riviste di moda, di cui 75 soltanto a Milano, che da allora si afferma come capitale dell’editoria di moda. La proliferazione delle riviste di moda è da mettersi in relazione all’ampliamento del mercato, un fenomeno destinato a persistere nel corso del Novecento di pari passo con la formazione di un sistema moda di cui la stampa diventa un anello essenziale.


  • Periodici di moda digitalizzati dalla Biblioteca Universitaria Alessandrina di Roma, sito web.

«Se questo giornale parlasse unicamente di mode, anziché di letteratura, di morale, di patria, e fosse scritto in francese, non ci sarebbe toccato il dolore di pubblicare il presente avviso» (cit. in R. Carrarini, La stampa di moda dall’Unità ad oggi). Con questo laconico messaggio si annunciava la cessazione della pubblicazione della rivista genovese «La donna» che, nel privilegiare il taglio politico e culturale rispetto a quello di costume, si era condannata ad avere breve vita.

Nei decenni successivi all’Unità, la stampa di moda è un fenomeno editoriale di grande successo. Si calcola che tra il 1861 e il 1920 siano nate in Italia 116 riviste di moda, di cui 75 soltanto a Milano. La loro proliferazione è da mettersi in relazione all’ampliamento del mercato, stimolato dall’affermazione dei grandi magazzini, e agli strumenti che supportano il processo di democratizzazione della moda: il figurino e il cartamodello. Realizzato da pittori e incisori che riproducono fedelmente i modelli realizzati dalle case di moda parigine. I figurini mettono in evidenza con grande cura i dettagli dell’abito indossato da figure femminili collocate all’interno di ambientazioni borghesi. La funzione del figurino è quella rafforzare il messaggio degli articoli pubblicati dalla rivista a cui sono allegati, che si rivolgono alle lettrici educandole all’idea che l’eleganza, alla portata di tutte, non è da confondersi con il lusso e la ricchezza. Il cartamodello – un foglio di carta leggera su cui sono riprodotti i contorni e le linee principali della foggia dell’abito – è il supporto che guida la lettrice nell’esecuzione dell’abito.

Durante il Ventennio fascista, l’introduzione in Italia del sistema della stampa a rotocalco e l’affermazione di due grandi case editrici specializzate nella pubblicazione di periodici illustrati a grande tiratura, Rizzoli e Mondadori, portano alla concentrazione a Milano dell’editoria di consumo che, nel 1938, si arricchisce di due nuove testate – «Annabella» e «Grazia» –, che si affiancano a riviste specializzate nella diffusione dell’Alta Moda tra cui «Aracne», «Lidel» e le riviste dell’Editoriale Domus. Complessivamente, tra il 1920 e il 1945, nascono a Milano 52 nuove testate.

Nella seconda metà del Novecento, le pubblicazioni periodiche femminili italiane si sono ulteriormente diversificate: qualità della fotografia, argomenti trattati dalle rubriche, linguaggio, impostazione grafica e lo stesso posto occupato dalla moda sono diversi da testata a testata in funzione del pubblico di riferimento, ma nel solco della tradizione ottocentesca la stampa femminile ha sostanzialmente confermato il proprio ruolo di costruzione di un modello femminile fisico e comportamentale. Sin dagli anni Sessanta, tuttavia, la funzione delle riviste specializzate è stata improntata dalla consapevolezza di essere una componente essenziale – insieme alla distribuzione e all’industria del sistema – e uno strumento a servizio dell’omologazione dei consumi su scala globale.

Le riviste dedicate ai lavori femminili dal 1925 ad oggi

Un excursus storico-culturale tra i rotocalchi diretti alle donne. Il filone, i cui prodromi risalgono alla fine del XVIII secolo, subì una notevole espansione nel Ventennio fascista, quando le case produttrici di macchine per maglieria, da cucire e altro materiale diedero vita a molte testate.

Bibliografia: