Schuberth Emilio Federico
1904 - 1972
Nasce a Napoli nel 1904 quello che diventerà, negli anni della dolce vita, «il sarto delle dive e delle principesse», innamorato di un’immagine di donna classica, opulenta e dalla vita sottile, che, con grande successo, viene da lui ritagliata, con eclettica e ricca profusione di tessuti lussuosi e pregiati ricami, addosso a dive del cinema come Gina Lollobrigida, Sofia Loren, Brigitte Bardot, Linda Christian, Joan Crawford, ma anche a personaggi pubblici di rilievo come la duchessa di Windsor, Soraya, Evita Perón. Emilio Federico è figlio di un’eccentrica coppia: lui, nobile di famiglia sassone; lei, famosa danzatrice di flamenco spagnola. Quando arriva a Roma agli inizi degli anni Trenta, è un pittore con pochi soldi in tasca e una forte attrazione per le belle donne e il loro elegante e vario vestire. Quasi per gioco comincia a schizzare modelli di cappelli per signora. Grazie alla sua naturale capacità comunicativa, al suo stare in agio nel mondo delle relazioni pubbliche e negli ambienti della haute capitolina, si fa notare per la verve, lo stile e l’occhio per l’abbigliamento. La contessa Ratti, nipote di Achille Ratti (papa dal 1922 al 1939 col nome di Pio XI), gli consiglia di insistere, anzi, di aprire bottega. È quanto Schuberth fa. Prima apre una modisteria con la moglie (1938), poi, un paio d’anni dopo, un atelier d’Alta Moda. Egli introduce da subito nel gusto raffinato della scuola napoletana, di cui è erede e originale continuatore, un personale aroma di sfarzo scintillante. Memorabili sono le sue larghe gonne a ruota sovrapposte; caratteristico l’abbondare di tulle e di lustrini, che ne fanno un maestro di stile per le soubrette della rivista. Perfino le semplici vestaglie e le gonne logore o sbrindellate che Gina Lollobrigida indossa in Pane, amore e fantasia, La provinciale, La romana mostrano il tocco di classe del loro creatore. Nel 1951 è uno degli esponenti dell’Alta Moda e sartoria invitati da Giorgini alla celebre sfilata del 12 febbraio 1951 alla Sala Bianca di Palazzo Pitti. Se Schuberth ama presentarsi in società tintinnando a ogni passo per via di gioielli, gingilli e monili che porta addosso ed è contornato (quasi sovrastato: era alto circa un metro e mezzo) da un drappello di indossatrici vestite e truccate di tutto punto, lo fa perché possiede una spontanea sensibilità comunicativa, che sa accortamente sfruttare per attirare su di sé l’attenzione della stampa e dei media. Firma anche un profumo, che chiama, con divertito narcisismo, Schu-schu. Un personaggio, quindi, oltre che un sarto famoso, capace di recitare una parte istrionica nella nascente società dello spettacolo. Non è un caso che lo si veda calcare set e palcoscenici: interpreta sé stesso in un film e partecipa alla popolarissima trasmissione televisiva Il Musichiere non soltanto da costumista, ma anche esibendosi come cantante. Muore a Roma nel 1972.